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Gli appunti del walk around in Basilica
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Per i ragazzi dell'Associazione Santi Pietro e Paolo, che hanno seguito il walk around nella Basilica Vaticana domenica 23 aprile 2023, di seguito sono disponibili gli appunti.
Si ricorda che gli appunti sono un "collage" di notizie di pubblico dominio, ricavate da internet e di proprietà dei rispettivi Autori.
LA BASILICA
Iniziata la costruzione 18 aprile 1506 sotto il papato di Giulio II, ufficialmente la Basilica è dichiarata terminata il 18 novembre 1626 sotto il pontificato di Urbano VIII.
- Lunghezza massima esterna: 218 m
- Lunghezza interna: 186,36 m
- Lunghezza dell'atrio: 71 m
- Altezza delle volte: circa 45 m
- Altezza della cupola: 133,30 m (136,57 m secondo alcune fonti)
- Altezza del baldacchino: 28 m
- Altezza della facciata: 45,44 m (48 m con le statue)
- Altezza dell'atrio: 19 m
- Larghezza della navata centrale: 26 m
- Larghezza del tamburo della cupola: 41,50 m
- Larghezza della facciata: 114,69 m
- Superficie dell'edificio: 23 000 m² (di cui calpestabili 15 160)
- Numero gradini alla salita della cupola: 537
È la più grande delle quattro basiliche papali di Roma ed è spesso descritta come la più grande chiesa del mondo sia per le sue dimensioni sia, metaforicamente, per la sua importanza come centro del cattolicesimo. Non è tuttavia la chiesa cattedrale della diocesi romana poiché tale titolo spetta alla basilica di San Giovanni in Laterano, che è anche la prima per dignità essendo Madre e Capo di tutte le Chiese dell'Urbe e del Mondo.
L'ATRIO
Corrispondente all'antico portico o vestibolo delle prime basiliche cristiane e medievali, l'atrio è lungo 71 metri, largo 12.80 ed alto 19 circa. Considerato tra i lavori più significativi di Carlo Maderno, architetto della Reverenda Fabbrica di San Pietro per ventisei anni, fu compiuto nella struttura architettonica dal 1608 al 1612. Sopra la porta principale è un rilievo di scuola berniniana formato da quattro grandi blocchi di marmo con la raffigurazione del Pasce oves meas (Pascola le mie pecorelle Gv 21, 15-17), soggetto successivamente riproposto da Bernini all'interno della Basilica, nello schienale della Cattedra bronzea, nell'omonimo monumento. Sul lato opposto, sopra l'entrata principale, è il celebre mosaico con la Navicella, rimaneggiamento dell'originale di Giotto in origine di forma rettangolare e collocato nel quadriportico della Basilica costantiniana.
Sul soffitto realizzato a stucco, su circa 3500 mq, viene narrata la storia degli Apostoli Pietro e Paolo.
LE PORTE DELLA BASILICA
Le porte della basilica sono 5, partendo da sinistra si ha:
- la Porta della Morte (Manzù, 1964)
- la Porta del Bene e del Male (Minguzzi, 1977)
- la Porta del Filarete (Averulino, 1445) già presente nella precedente Basilica
- la Porta dei Sacramenti (Crocetti, 1965)
- la Porta Santa (Consorti, 1950)
LA PIETA'
E' senz'altro il più famoso dei capolavori contenuti all'interno di San Pietro - non certo l'unico. Il gruppo marmoreo (1498-99) è una delle massime espressioni del genio dell'artista. Si trova appena entrati nella prima cappella della navata destra, protetta da un cristallo protettivo, che ricorda l'"attentato" del 1972, quando uno squilibrato austro-ungherese (Lazlo Toth) prese a martellate la statua, sfregiando la Madonna. Il lungo restauro evidenziò sulla mano destra della Vergine il monogramma di Michelangelo (una M disegnata sul palmo con le linee della mano), rimasto nascosto per quasi cinque secoli.
La statua venne commissionata a Michelangelo dal Cardinale francese Jean de Bilhères, ambasciatore di Carlo VIII presso papa Alessandro VI, destinata alla cappella di Santa Petronilla. Venne invece nel 1517 posta nella Sagrestia di San Pietro e, dopo vari spostamenti, nel 1749 venne posta ove attualmente si trova.
All'obiezione della Vergine troppo giovane rispetto al Cristo, Michelangelo rispose che l'assenza del peccato preserva la giovinezza e che nel marmo ha rappresentato la preghiera di Bernardo di Chiaravalle presente nel trentatreesimo canto del Paradiso della Divina Commedia: "Vergine e Madre, Figlia del tuo Figlio…".
IL MONUMENTO A CRISTINA DI SVEZIA
Cristina di Svezia è stata regina della Svezia dal 1632 all’abdicazione avvenuta nel 1654. Ella fu figlia di uno dei massimi difensori del Protestantesimo (Gustavo II) durante la Guerra dei Trent’anni. Suscitò grande scandalo quando nel 1654 nel pieno di una profondissima crisi religiosa si convertì al Cattolicesimo. Temendo le reazioni e le vendette dei Protestanti, lasciò subito la Svezia, per trascorrere il resto della sua esistenza in vari Paesi di Europa, stabilendosi poi definitivamente a Roma, dove si occupò di opere caritatevoli, di arte, musica e teatro.
A noi principalmente interessa per via del suo monumento (la tomba è nelle grotte vaticane), che segna la retroguardia del servizio alla Porta Santa.
Ella è una delle sole tre donne non proclamate sante (Cristina di Svezia, Matilde di Canossa e Maria Clementina Sobieska) ad aver avuto il privilegio di essere sepolta a San Pietro. Nel 1696 papa Innocenzo XI commissionò un monumento in onore della defunta regina, concluso nel 1702, in commemorazione della sua prodigiosa conversione e per la gratitudine che anche la città di Roma le doveva. Questo monumento venne posto nel corpo stesso della basilica vaticana e supervisionato nell'esecuzione dall'architetto Carlo Fontana. Cristina venne ritratta in un medaglione di bronzo dorato modellato da Giovanni Giardini, supportato da uno scheletro coronato posto su un cuscino sorretto da due puttini in marmo bianco scolpiti da Lorenzo Ottoni. Tre rilievi sottostanti dello scultore francese Teudon rappresentano tre momenti della sua vita come la sua rinuncia al trono svedese, l'abiura al protestantesimo fatta nel 1655 nella cattedrale di Innsbruck e l'allegoria della fede trionfante sull'eresia.
ALTARE DI SAN SEBASTIANO
In questa Cappella è possibile ammirare un meraviglioso mosaico, che è la copia di un precedente affresco del Domenichino (Domenico Zampieri, 1581 - 1641). Questo mosaico venne ultimato nel 1736. Attualmente questa Cappella è diventata affollatissima perché qui è stata traslata la salma di Giovanni Paolo II.
La sera del 7 aprile 2011, alle 19, subito dopo la chiusura della Basilica, si è svolta la traslazione del corpo di Innocenzo XI dal vano sotto l'altare della Cappella di San Sebastiano a quello preparato sotto l'altare della Trasfigurazione, che si trova alla sinistra della navata centrale, al suo termine, nel retro del pilastro di Sant'Andrea.
Il rito è stato presieduto dal cardinal Angelo Comastri. L'urna del beato Innocenzo XI, dopo essere stata estratta dall'altare di San Sebastiano, è stata accompagnata in processione all'altare della Trasfigurazione, dove il personale addetto l'ha collocata nel nuovo vano, protetto dalla stessa grata che già la proteggeva precedentemente. Il rito si è concluso con l'orazione e la benedizione del celebrante e la lettura e la firma dell'atto notarile dell'avvenuto trasferimento.
LA CAPPELLA DEL SS. SACRAMENTO
Inizialmente questa Cappella doveva essere la Sagrestia della Basilica. E’ una ricchissima cappella fatta in puro stile barocco romano: qui si entra solo per pregare o per assistere a una delle Messe. Sulla parete di sinistra vi è un Crocefisso ligneo del XIV sec. che prima era nella Cappella della Pietà, da poco restaurato (da luglio 2015 a settembre 2016) grazie al sostegno dei Cavalieri di Colombo. Esso è stato intagliato in un secolare tronco di noce, rappresentante il Cristo morente; ha un’altezza di circa 2,15 m e una larghezza di circa 1,9 m, per un peso complessivo di circa 72 Kg.
LA STATUA DI SAN PIETRO
La tradizione vuole che sia stata realizzata da Arnolfo di Cambio e, se non è stata realizzata proprio da lui, certamente viene dalla sua scuola. E’ una statua completamente bronzea, alla quale i fedeli si avvicinano per toccare il piede destro per invocare la protezione del Santo. Il 29 giugno, per tradizione, la Statua viene “vestita” con la tiara e il piviale.
MONUMENTO A CLEMENTE XIII - REZZONICO
Questo monumento funebre venne realizzato dal Canova tra il 1783 e il 1792. E’ chiaramente un monumento in stile neoclassico ed è strutturato in 3 livelli:
- primo livello - leoni posti a guardia della tomba, la carità e la speranza sono poste ai lati del medaglione; la religione e il genio della morte sono poste ai lati del sacello
- secondo livello - è occupato dal sacello
- terzo livello - c’è il pontefice inginocchiato in preghiera, con la tiara poggiata in terra come segno di umiltà.
Questo monumento è per noi interessante perché è una delle uscite di emergenza (attenzione alle scale!) dalla Basilica.
I QUATTRO PILONI DELLA CUPOLA
- Sant’Elena - fatta dal Bolgi e terminata nel 1639, custodiva i frammenti della cosiddetta Vera Croce fatti trasferire a San Pietro nel 1300 da Urbano VIII in occasione del primo Giubileo
- San Longino - fatta dal Bernini e terminata nel 1638, conteneva la punta della lancia che trafisse il costato del Cristo, donata dal Sultano Baiazet
- Sant’Andrea fatta dal Duquesnoy e terminata nel 1633, conteneva la testa del Santo; la Reliquia venne restituita alla Chiesa ortodossa di Patrasso da papa Paolo VI nel 1964
- Santa Veronica - fatta dal Mochi e terminata nel 1640, esempio tipico del Barocco Romano; la Cappella sopra la statua contiene la Veronica (esposta nella domenica di Passione, penultima di Quaresima) e le altre due reliquie, cioè la punta della lancia e i frammenti della Vera Croce.
LA CATTEDRA DI SAN PIETRO
La Cattedra visibile contiene un trono molto antico, anche se solo in parte databile all’età di Pietro. Essa è sorretta dai quattro Dottori della Chiesa Latina e Greca:
- davanti ci sono i Dottori della Chiesa Latina, cioè sant’Ambrogio e sant’Agostino
- dietro ci sono i Dottori della Chiesa Greca: sant’Atanasio e san Giovanni Crisostomo
Le statue sono alte più di cinque metri.
IL BALDACCHINO
Il Baldacchino è posto sulla verticale della tomba dell’Apostolo Pietro. E’ stato ideato dal Bernini, che lo terminò nel 1633. E’ una struttura prevalentemente bronzea in puro stile Barocco alto circa 28 metri, come un palazzo di otto o nove piani. Le sue colonne tortili riprendono in forma grandiosa le colonne tortili della Pergula presente nella vecchia Basilica Costantiniana e che anch’essa era posta sulla verticale della tomba di Pietro. Il simbolo della colonna tortile è importantissimo perché risale al Tempio di Gerusalemme.
IL MONUMENTO FUNEBRE DI ALESSANDRO VII CHIGI
Il Papa, Alessandro VII, commissionò la tomba al Bernini appena cinque mesi dopo la sua elezione. Ma al momento della morte (22 maggio 1667, dovuta al cosiddetto mal della pietra, cioè una calcolosi che ha provocato un’insufficienza renale) l’opera non era stata neppure iniziata. Il progetto passato nelle mani del Papa successivo, Clemente IX, fu iniziato solo nel 1672 sotto il regno di Papa Clemente X e venne concluso dopo circa dodici anni (1678) dalla morte di Alessandro VII, sotto il regno di Papa Innocenzo XI. Il monumento è uno dei più famosi esempi di Barocco Romano e la porta sottostante è una delle uscite di emergenza della Basilica. Le statue rappresentano da sx a dx: davanti Carità e Verità, dietro Prudenza e Giustizia. Si ritiene che sotto l'alluce della Verità, in corrispondenza dell'Inghilterra, vi sia una spina che rappresenterebbe la sofferenza causata al papa dall'espansione dell'anglicanesimo.
LA CROCEFISSIONE DI SAN PIETRO - ALTARE SAN GIUSEPPE
Molti confondono questa opera con quella del Caravaggio. Questa che sta in Basilica, presso l’Altare di san Giuseppe, è un mosaico che riproduce l’opera del Guido Reni; al contrario quella del Caravaggio si trova presso la Cappella Cerasi di Santa Maria del Popolo.
LA LISTA DEI PAPI
La si trova nel vestibolo del corridoio che porta alla Sagrestia della Basilica. E’ incorniciata di bronzo dorato e contiene i nomi dei soli Papi che sono sepolti nella Basilica di San Pietro in Vaticano.
GLI OROLOGI DELLA BASILICA
Sono stati entrambi realizzati dal celebre orafo Valadier, tra il 1787 ed il 1790. I quadranti sono grandi circa quattro metri e entrambi realizzati a mosaico. Quello a sinistra è detto ultramontano, mentre quello a destra è detto all’italiana. Al centro troviamo un grande fregio di Paolo V e più in alto con uno stucco dorato, quello di Benedetto XIV. L’orologio ultramontano segna le ore dalla mezzanotte con due lancette e un quadrante di dodici ore, mentre quello all’italiana segna le ore dal tramonto del giorno precedente, utilizzando una sola lancetta e un quadrante a sei ore. Il metodo all’italiana è stato un sistema rimasto in uso sino al 1846.
LA CAPPELLA DELLA PRESENTAZIONE
Sulla sinistra di questa Cappella vi è il monumento a Papa Benedetto XV di Pietro Canonica su idea dell’architetto Luca Beltrami, che lo finì di realizzare nel 1928. L’artista rifiutò ogni rappresentazione celebrativa del Papa, ma volle sottolineare l’aspetto umano di Benedetto XV, richiamando la sua continua condanna della guerra vista come inutile strage.
Il Papa è qui raffigurato mentre implora il Regina Pacis contro gli orrori della guerra.
Di fronte al monumento a Benedetto XV vi è il monumento al beato Giovanni XXIII: semplice ed essenziale nell’impostazione il monumento è caratterizzato dall’alto bassorilievo bronzeo nel quale sono narrati i momenti essenziali del papato di Giovanni XXIII. da notare il cane che si volge verso il Papa, scena che raffigura la fedeltà alla Chiesa e sullo sfondo la moltitudine di tiare che rappresentano il Concilio Vaticano II.
LA CAPPELLA DEL BATTISTERO
In prossimità della Porta della Morte del Manzù, c’è la Cappella del Battistero. Davanti ad essa vi è lo stemma di Giovanni Paolo II realizzato nel 1994 su disegno di Lello Scorzelli. Durante la realizzazione della pavimentazione venne rinvenuta l’ape barberiniana in marmo, ora conservata all’esterno della Basilica. Il Fonte Battesimale è in realtà un antico sarcofago in porfido rosso che si ritiene provenga da Castel Sant’Angelo.
I Resti dell'Apostolo Pietro sono in Vaticano, non a Tor Pignattara
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Riportiamo un bell'articolo, tratto da Vatican News (30 maggio 2021), che chiarisce - per quanto possibile - ogni dubbio sulla sepoltura del Principe degli Apostoli.
La tomba del Principe degli apostoli, e i suoi resti mortali: quando l’archeologia interseca la fede e la storia della Chiesa, l’interesse è sempre molto alto. Nei giorni scorsi ha avuto qualche eco mediatica il lavoro pubblicato da Liberato De Caro (Istituto di Cristallografia del Consiglio Nazionale delle Ricerche, Bari), Fernando La Greca (Dipartimento di Studi Umanistici, Università degli Studi di Salerno) ed Emilio Matricciani (Dipartimento di Elettronica, Informazione e Bioingegneria, Politecnico di Milano) nella rivista Heritage. Nel saggio, intitolato “The Search of St. Peter’s Memory ad catacumbas in the Cemeterial Area ad Duos Lauros in Rome”, gli autori si dicono convinti che alla metà del III secolo le spoglie dell’apostolo Pietro, dalla tomba originaria sul colle vaticano, siano state trasferite nella catacomba dei santi Pietro e Marcellino sulla via Labicana (a Tor Pignattara), dove sarebbero rimaste nascoste e si troverebbero ancora oggi, così come era stato profetizzato, negli anni 1948-1949, dalla mistica italiana Maria Valtorta. Secondo questa tesi, la tomba originale sarebbe quella sotto la basilica di San Pietro in Vaticano, ma i resti a suo tempo individuati da Margherita Guarducci e il cui ritrovamento venne annunciato da Paolo VI, non sarebbero quelli del pescatore di Galilea. Vatican News ne ha parlato con il professor Vincenzo Fiocchi Nicolai, del Pontificio Istituto di Archeologia Cristiana.
Professore, innanzitutto, quali sono gli elementi portati a supporto della loro tesi dai tre studiosi italiani?
R. – Faccio innanzitutto notare, come premessa, che nessuno dei tre firmatari dell’articolo è archeologo. La tesi si basa su questi capisaldi: i resti di Pietro non sono stati rinvenuti, se non forse solo in parte, nella fossa ritenuta dalla metà del II secolo il sepolcro dell’apostolo. Inoltre, sulla scia della recente analisi di Alessandro Barbero delle basiliche che il Liber Pontificalis attribuisce a Costantino, solo quella costruita sopra la catacomba dei santi Pietro e Marcellino sarebbe effettivamente opera dell’imperatore: egli avrebbe edificato il mausoleo connesso con la chiesa, dove, come è noto, fu poi sepolta la madre Elena (la celebre “rotonda” di Tor Pignattara), per se stesso (come peraltro più o meno unanimemente accettato dalla critica), al fine – e questa è la novità – di essere inumato in vicinanza delle spoglie di san Pietro, collocate, appunto, nella catacomba. Allo stesso modo, dopo aver cambiato radicalmente programma, l’imperatore avrebbe poi scelto di collocare la sua tomba definitiva a Costantinopoli, accanto alle “teche” dei dodici apostoli.
Gli autori sostengono dunque che il “Pietro” a cui era dedicata la basilica non sarebbe il martire dell’epoca di Diocleziano, ma il Principe degli apostoli…
R. – Secondo questa tesi la basilica della Labicana non sarebbe stata dedicata, come riferiscono il Liber Pontificalis (metà VI secolo) e altre fonti, ai martiri dioclezianei Pietro e Marcellino, ma “all’apostolo Pietro martirizzato con Marcellino”, come si dedurrebbe da una versione del Liber Pontificalis del VII secolo, ove la chiesa è ricordata con la dedica “Beato Petro cum Marcellino martyribus”. L’uso del termine beatus, secondo gli autori dell’articolo, rinvierebbe senza equivoci all’apostolo. Ancora, in base al famoso lemma del 29 giugno della Depositio Martyrum – un documento composto nell’anno 336 – relativo alla istituzione nel 258 di una festa in onore degli apostoli Pietro e Paolo, gli autori ritengono che la locuzione in catacumbas, dove i resti di san Pietro sarebbero stati trasferiti dal Vaticano, non sia da riferirsi, come universalmente ammesso, al luogo del III miglio della via Appia, dove sorsero effettivamente, alla metà del III secolo, la Memoria Apostolorum e poi, in età costantiniana, la Basilica Apostolorum. Si riferirebbero invece “ad una catacomba”, quella, appunto, dei santi Pietro e Marcellino. Un altro elemento: nel cimitero sotterraneo della Labicana, un dipinto che raffigura Pietro con il rotolo e un’iscrizione in cui alla data del 29 giugno è associata l’espressione depositio domini Petri confermerebbero la presenza della tomba dell’apostolo nel cimitero. Infine, in base all’analisi “matematica e geometrica” di alcune anomalie nell’orientazione della basilica costantiniana e del connesso mausoleo imperiale, gli autori ritengono che la costruzione abbia tenuto conto del sito preciso della tomba di Pietro nella catacomba, da loro localizzata in un ambiente del piano inferiore, non ancora esplorato, immediatamente sottostante il cubicolo con l’affresco raffigurante san Pietro.
Che cosa ne pensa della tesi esposta nell’articolo?
R. – Al di là di osservazioni di dettaglio, si tratta di una tesi che incontra alcune difficoltà insormontabili. Agli autori sfugge un particolare determinante: la locuzione in catacumbas utilizzata dal redattore della Depositio Martyrum per localizzare il luogo del culto di Pietro (e Paolo), ove ipoteticamente sarebbero state trasferite le spoglie dell’apostolo, non poteva indicare “una delle catacombe di Roma” come sostenuto nell’articolo.
Perché?
R. – Semplicemente perché il termine catacumba fu adottato per indicare i cimiteri cristiani sotterranei in generale, come è ben noto, solo a partire dall’alto medioevo. In antico questi erano infatti chiamati “cryptae”. Come tutti sanno, nella Depositio Martyrum, l’espressione in catacumbas è semplicemente il toponimo che segnala il III miglio della via Appia, dove, appunto, si svolgeva il culto congiunto degli apostoli Pietro e Paolo. Lo stesso toponimo, infatti, designa, nel medesimo Cronografo del 354 che ci ha trasmesso la Depositio Martyrum, il luogo del vicino circo di Massenzio. L’indicazione Petri in catacumbas nella Depositio Martyrum non può dunque indicare che le spoglie di Pietro nel 258 fossero state trasferite “nella catacomba” dei santi Pietro e Marcellino. D’altra parte, la realtà di questa traslazione può essere esclusa anche perché la catacomba della Labicana semplicemente non esisteva ancora nel 258: le regioni più antiche del cimitero sotterraneo, come hanno appurato le accurate ricerche di Jean Guyon, risalgono all’epoca della “piccola pace” della Chiesa, cioè al periodo compreso tra la persecuzione di Valeriano e quella di Diocleziano. E il piano inferiore della catacomba – dove gli autori immaginano il sepolcro di Pietro – risale addirittura al IV secolo inoltrato.
Come giudica l’ipotesi della sostituzione del culto originario dell’apostolo Pietro con quello del Pietro martire dell’epoca di Diocleziano?
R. – Mi sembra una soluzione, per così dire, acrobatica e, di fatto, basata sul nulla: il termine beatus del Liber Pontificalis è impiegato comunemente per i santi e non solo per il primo papa, e comunque tale sovrapposizione dovrebbe essere avvenuta in età molto antica, se l’identità di martiri dioclezianei dei due santi era perfettamente nota a papa Damaso, autore di un carme che ne celebrava le gesta. Quanto all’iscrizione, essa può essere considerata l’epitaffio di un omonimo dell’apostolo (il cognomen Petrus è molto diffuso), morto, accidentalmente, il medesimo giorno della festa dei santi Pietro e Paolo (dominus è appellativo usato nell’epigrafia funeraria non di rado in modo affettivo per un congiunto). Oppure la piccola lapide poteva essere combinata con un’altra perduta in cui era ricordato il nome del defunto, la cui morte era avvenuta il 29 giugno. Anche l’immagine di Pietro è molto frequente nelle pitture delle catacombe e non può essere ovviamente considerata indicativa di una particolare devozione per l’apostolo in loco.
Professore, qual è dunque la sua conclusione?
R. – Credo che queste osservazioni siano sufficienti per dichiarare del tutto irricevibile l’ipotesi degli autori. E chiaro che le spoglie di Pietro – se mai traslate in catacumbas, cioè sull’Appia – si trovavano nel loro luogo di sepoltura originario sul colle vaticano quando fu costruita la poderosa basilica costantiniana, la più grande basilica mai realizzata in città. L’imperatore non sarebbe andato incontro a diffcoltà giuridiche e logistiche così notevoli per la sua edificazione (il seppellimento di una necropoli ancora in funzione; il taglio del colle per far coincidere il luogo della tomba di Pietro con la zona del transetto), se non fosse stato condizionato dalla presenza delle spoglie venerate. La chiesa si deve pertanto tranquillamente assegnare al primo imperatore cristiano, con buona pace di un recente filone di studi, come attesta chiaramente, tra l’altro, l’iscrizione che si leggeva sul suo arco trionfale: Quod, duce te, mundus surrexit in astra triumphans, hanc Constantinus victor tibi condidit aulam.
La Necropoli Vaticana - Slides lezione del 15/12/2019
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Gli Amici, che stanno seguendo le lezioni culturali presso l'Associazione Santi Pietro e Paolo, possono richiedere al Docente le slides della seconda lezione, mandando una email a tinarimarcoscv(CHIOCCIOLA)gmail.com . Ovviamente al posto di (CHIOCCIOLA) occorre mettere il carattere @.
La storia dell'Associazione Ss Pietro e Paolo
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Gli Amici, che stanno seguendo le lezioni culturali presso l'Associazione Santi Pietro e Paolo, possono richiedere al Docente le slides della prima lezione, mandando una email a tinarimarcoscv(CHIOCCIOLA)gmail.com . Ovviamente al posto di (CHIOCCIOLA) occorre mettere il carattere @.